Chi siamo

La II Casa di Reclusione di Milano – Bollate è attiva dal dicembre 2000 e sin dalla sua apertura si è caratterizzata come Istituto a vocazione trattamentale con l’obiettivo di realizzare su “ grande scala” un progetto a custodia attenuata volto alla graduale inclusione sociale dei detenuti. Il modello gestionale si fonda sui seguenti principi.

Responsabilizzazione dei detenuti.
Ai detenuti si offrono ampi spazi di libertà ed un ampio ventaglio di opportunità trattamentali. Al contempo si chiede loro d’imparare a gestire in modo responsabile tali spazi, di essere protagonisti attivi della vita detentiva e non limitarsi a divenire meri destinatari delle azioni messe in campo dall’Amministrazione. E’ il c.d. Patto Trattamentale che se da un lato obbliga la Direzione a garantire un’opportunità di reinserimento, dall’altro impone ai detenuti di sperimentarsi attivamente nei percorsi individuali avviando un processo di responsabilizzazione che gradualmente li porterà a reinserirsi nel contesto sociale esterno. In tale ottica la Direzione cerca di assumere una posizione dialogica con i detenuti ritenuta importante per rafforzare la credibilità e la fiducia nell’Istituzione Penitenziaria.

Sicurezza fondata su una vigilanza dinamica ed integrata tra gli operatori.
L’organizzazione ha come cardine un modello di sicurezza fondato sulla conoscenza dei detenuti e non su una costante vigilanza fisica da parte della Polizia Penitenziaria. In tal modo il concetto di sicurezza si basa principalmente sull’integrazione e l’apporto multidisciplinare offerto dagli operatori di tutte le aree dell’Istituto.

Forte integrazione con il territorio.
Uno dei punti di forza è l’interazione con la comunità territoriale in tutte le sue forme ( Istituzioni Pubbliche, imprenditoria, terzo settore.). La logica che sottende alle azioni dell’Istituto è quella di una forte ed ampia apertura al territorio il cui contributo è indispensabile per programmare efficaci interventi di reinserimento sociale. Al contempo, l’Istituto intende proporsi come risorsa per la collettività, come dimostrano i numerosi progetti che vedono coinvolti detenuti impegnati in lavori di pubblica utilità ai sensi dell’art 21 dell’ Ordinamento Penitenziario.

La condivisione dell’organizzazione.
Uno dei primi obiettivi del progetto è stato quello di condividere l’organizzazione con gli enti pubblici e del privato sociale che lavorano con l’Istituto. Sono stati istituiti, e funzionano da anni, tavoli di lavoro “orizzontali” per l’organizzazione delle attività lavorative, scolastiche e terapeutiche. Ad esempio, la destinazione d’uso di ogni spazio all’interno dell’area lavorativa viene decisa da commissioni che rappresentano il mondo dell’impresa. Esse decidono sulla base di valutazioni legate alla possibilità di sviluppo sul mercato esterno dell’attività proposta. Ogni tre mesi tutte le realtà che operano a qualunque titolo nel carcere si riuniscono per un confronto operativo generale. In queste riunioni si valuta lo stato del progetto e le difficoltà di ogni singolo settore operativo.

In materia di lavoro, una delle ambizioni del progetto è quella di cedere progressivamente la gestione delle attività di somministrazione alle cooperative dei detenuti che si sono costituite in questi primi quattro anni di lavoro. L’amministrazione penitenziaria, piuttosto che dare lavoro in cambio della “mercede” diventa committente di un servizio; al detenuto viene cosi trasmessa una diversa cultura del lavoro.

Potrebbe interessarti...